Uno dei programmi televisivi che mi piace guardare è “Vite al limite”.
Per chi non lo conoscesse, “Vite al limite” è un programma in cui vengono narrate storie di persone affette da obesità grave (spesso a rischio di morte) che decidono di intraprendere un percorso di dimagrimento, connesso anche ad interventi di chirurgia bariatrica.
Lo trovo un programma molto educativo perchè, al di là del singolo caso, ascoltando le storie dei pazienti si nota un fattore comune un po’ a tutte: la presenza di un trauma (spesso avvenuto in età giovanile).
Talvolta si tratta di lutti familiari, altre volte di storie di abusi sessuali perpetrate per anni. La persona vive una sofferenza molto forte che, se non affrontata, si sedimenta nel profondo e lì rimane. Non rimane però in silenzio… la sofferenza da qualche parte deve sfogare e in questi casi spesso trova la sua valvola di sfogo in problematiche psicologiche, relazionali e nella sfera alimentare.
Negli anni, queste persone iniziano ad accumulare sempre più peso, perdendo totalmente il controllo di ciò che mangiano e placando le loro tensioni emotive proprio con questo comportamento.
Si arriva così a condizioni di peso estreme, che richiedono non solo interventi d’urgenza per cercare di risolvere la situazione, ma anche una lunga terapia psicologica che ha come scopo principale quello di far rielaborare i traumi vissuti e recuperare un rapporto sano con l’alimentazione.
Percorsi spesso tortuosi, non esenti da cadute e fasi di demoralizzazione. Percorsi di lotta personale, che se ben affrontati possono portare ad un forte calo di peso corporeo e ad un miglioramento dello stato di salute.
Perchè trovo questo programma educativo?
Perchè in primis mostra come la forte motivazione e il giusto percorso terapeutico possano risolvere situazioni anche molto gravi.
In secondo luogo, perchè insegna a non giudicare una persona sulla base del peso corporeo: ognuno ha una propria storia e un proprio vissuto, che merita ascolto e comprensione.
Il corpo parla… a chi sa ascoltare.